Reale Società
Ginnastica di Torino

Fondata nel 1844

PASSIONI REALI

Intervista a Carla Gallo

Carla Gallo è alla Reale dal 1979: tra le pioniere della Ritmica, è una delle istruttrici più esperte che ci siano in Italia e soprattutto ha un sacco di storie da raccontarci! Ad esempio che era allo stadio l’ultima volta che il Toro ha vinto uno scudetto, e che se non avesse fatto Ritmica probabilmente sarebbe diventata una grande allenatrice di calcio!

D. Ciao Carla, ci racconti qual è il tuo ruolo qui alla Reale?

R. Ciao a voi! È una lunga storia [ride]. Diciamo che ho iniziato come assistente di Laura Colombari, ex ginnasta della squadra nazionale che è approdata qui in Reale come istruttrice principale, poi siamo praticamente cresciute insieme, e sono diventata responsabile tecnica del settore agonistico. Quando ho avuto mio figlio ho lasciato per un po’, ma appena ho potuto sono rientrata per mettere mano a un settore che si chiamava “Ginnastica Generale”, di cui per dieci anni sono stata direttrice regionale. Poi circa 20 anni fa le due istruttrici che seguivano la Ritmica hanno lasciato, e mi è stato chiesto di aiutare in questo campo, che necessitava di una ripartenza praticamente da zero. Insieme ad Elena Bordino, a mia figlia che collabora con me e ad altre istruttrici devo dire siamo riuscite a combinare qualcosa di buono! [ride]

D. Come è iniziata la tua passione per lo sport in generale e per la ginnastica?

R. Mio papà era un grande sportivo, faceva atletica, giocava a pallone… a sei anni mi aveva già portato a fare atletica al Centro Coni di Piazza Bernini. Per molto tempo ho fatto salto in alto perché allora per l’età che avevo ero alta, poi mi sono fermata lì, e non ti dico nemmeno in che anni, fai conto che Fosbury doveva ancora inventare il suo famoso salto! [ride]. Poi mi sono innamorata del calcio.

D. Del calcio?

R. Stai parlando con una tifosa granata purosangue, la prima volta che sono andata a tifare il Toro con mio padre al Comunale avrò avuto cinque anni… [ampliare con parte calcio] comunque una volta dopo i Giochi della Gioventù alle medie è venuta da me un’insegnante e mi ha chiesto:

“Ti piacerebbe provare con la ginnastica ritmica?”

“Ma che cos’è?” le ho risposto.

E proprio lì, entrambe giovanissime, ho incontrato Laura Colombari che all’epoca era in nazionale. Direi che è nato tutto lì.

D. Già allora sentivi la predisposizione all’insegnamento?

R. Tantissimo. Posso dire che a un certo punto facevo finta di fare la ginnasta ma praticamente insegnavo già. E poi da lì tantissime gare, tantissimi campionati italiani, fino a quando la Reale nel 1979 ha chiesto alla nostra istruttrice di insegnare per loro.

D. Qual è l’emozione più forte che hai provato grazie a questo sport?

R. Da ginnasta direi la mia partecipazione ai primi Campionati Italiani a squadre del 1970. Da istruttrice quando ho portato la squadra ai campionati italiani e siamo arrivati secondi, nel 1983. Tutto quel periodo praticamente lo passavo nelle palestre e nelle scuole, eravamo tutte giovani e ricordo un grandissimo entusiasmo. Pensa che non c’erano nemmeno le pedane, si metteva dello scotch per terra e ogni pavimento era buono per esercitarsi!

D. Questo è un bello spunto: quanto e com’è cambiato il mondo della Ritmica nel corso del tempo?

R. Tantissimo. Io ho avuto la grande fortuna di frequentare le lezioni di Andreina Gotta Sacco, si può dire la fondatrice della Ritmica in Italia, nonostante fosse già direttrice nazionale della Ginnastica Artistica. Ma era un’amante della musica, e voleva creare uno sport agonistico come aveva visto fare all’epoca nei paesi dell’Est. E ricordo che non si faceva scioltezza o acrobatica. Noi studiavamo proprio la musica: una volta dovevi scriverti l’esercizio con le note musicali, lo portavi da un musicista e lui ti componeva la musica, altroché Spotify! Era ritmo sul movimento, una cosa all’epoca nuovissima e bellissima. Poi nel corso del tempo la disciplina si è evoluta con l’inserimento della danza, dell’acrobatica… ricordo che qui alla Reale spiavo le lezioni di artistica di Nadia Rizzo per capire come migliorare la Ritmica. Diventando poi uno sport agonistico a tutti gli effetti, con codici e schemi, sono stati inseriti i salti, i giri, gli elementi di rischio con gli attrezzi… fino quasi a perderne la parte musicale e per così dire, poetica. Da quando ho iniziato io negli anni Settanta ad oggi, è qualcosa di totalmente differente.

D. Qual è il consiglio che daresti a una giovane che si approccia a questo sport, che qualità deve avere?

R. La prima qualità forse è la capacità di apprendimento motorio, la voglia di imparare. Il resto poi viene. Le grandi scioltezze e le grandi linee delle ginnaste olimpioniche forse sono qualcosa di innato, ma chiunque può praticare questo sport a un buon livello se ci si impegna abbastanza. Da fuori può sembrare che serva chissà quale agilità, e in effetti è così, ma ci si arriva tranquillamente con il lavoro.

D. Il rapporto che si instaura tra istruttrice e ginnasta dev’essere davvero molto particolare. Ce lo racconti un po’?

R. Se c’è una cosa che mi rende orgogliosa e che molte delle ragazze che ho allenato oggi fanno le istruttrici, ti dà quella sensazione di storia in divenire. Il rapporto però non è così semplice da sviluppare, anzi tutto il contrario. Devono esserci tantissimo rispetto e fiducia, sono fondamentali per crescere insieme, perché è anche l’istruttrice che cresce con la ginnasta. Ogni persona è diversa, ha una storia diversa e bisogna capire come interfacciarsi con ognuna di loro. Oggi chi fa l’istruttrice ha anche una formazione psicologica, io, beh, penso di essermela guadagnata sul campo, facendo anche tanti errori probabilmente, ma cercando sempre di crescere. Soprattutto ad alti livelli, la ginnasta deve capire dagli occhi dell’istruttrice cosa non va, e vale anche il contrario, è un rapporto quasi simbiotico. Dopo tutto questo tempo, io capisco come stanno le mie ragazze non appena aprono la porta della palestra.

D. Se nella vita non avresti fatto questo cosa avresti fatto?

R. L’allenatrice di calcio! Seguivo e seguo tantissimo il calcio. Tutte le domeniche da piccola ero allo stadio, crescendo sono entrata a far parte dei vari club del Toro e andavo pure in trasferta. Ho fatto calcio per un po’ ma all’epoca non esisteva che una donna potesse allenare, figurarsi! Quando mio figlio a 5 anni ha iniziato a giocare a calcio io andavo a tutti gli allenamenti e dentro di me pensavo: “Ma perché non gli fanno fare la preparazione fisica, perché fanno questo invece di quello…” un nervoso! Avrei dato tutto per entrare in campo ad allenare ma purtroppo, visti i tempi, è rimasto per me un sogno irrealizzato.

D. La soddisfazione più grande da tifosa?

R. Indelebile. L’ultimo scudetto del Toro, nel 1976. Io ero allo stadio e ho ancora il biglietto!

D. E invece un sogno nel cassetto?

R. Ma anche irrealizzabile? Beh direi avere una mia società di ginnastica. Chissà dove o chissà quando, ma mai dire mai!